Una parte di noi è nella terra
ma la parte più grande è nel cielo
Uno dei simboli più interessanti per l'Occidente
nell'ambito della simbologia è certamente l'Albero della vita,
che compare in quasi tutte le religioni più antiche: da quella babilonese a quella indiana,
fino a quella ebrea (albero del bene e del male nel Vecchio Testamento).
Questo motivo è talmente diffuso tra le culture europee ed asiatiche, che è difficile trovarne una sola che non l'abbia conosciuto e riprodotto in almeno qualcuna delle sue produzioni artistiche. Pare che le prime attestazioni artistiche siano quelle dell'antica Mesopotamia (si pensi ai magnifici bassorilievi assiri),dove l'Albero della Vita faceva parte del rituale principale eseguito dal sovrano babilonese.
Pare che da queste rappresentazioni siano derivati per diffusione tutti gli altri alberi della vita delle culture e arti circostanti: mediterranee, asiatiche, nordiche. In sostanza, è un motivo metafisico tradizionale e primordiale, ereditato da tutti, il cui significato deriva principalmente da quelle popolazioni pagane che, provenendo dall'Est, si sono poi diffuse in tutto il continente euroasiatico e nordafricano, sviluppandosi nei differenti popoli che la storia ha visto crescere, prosperare ed avvicendarsi.
Il leit-motiv delle opere di Andrea Roggi, di cui l'Albero della Vita rappresenta una sorta di metafora, sia nella sua accezione iconografica, che in quella simbolica di vita vegetale, è raffigurato attingendo direttamente dalla natura circostante, il suo atelier di Castiglion Fiorentino, fatta di olivi secolari e cipressi. Mentre le figure umane si inseriscono all’ interno delle forme fitomorfiche, il risultato è una sorta di ‘Realismo Magico’, in cui la diversità di elementi si mescola dando vita ad opere ricche di dettagli e di fascino. Attraverso l’iconografia dell’ Albero della Vita il Maestro ci trasmette il senso di appartenenza alla terra natia.